La stagione del poker professionistico è scandita da un costante avvicendarsi di tornei di vario livello, molti dei quali sono in grado di catturare l’interesse dell’élite del gioco. Se si vuole tuttavia restringere il campo a una sola, grande competizione, il pensiero corre spontaneo all’evento per antonomasia di questo genere: le World Series of Poker (WSOP). L’attesa spasmodica che accompagna gli appassionati verso quest’annuale ricorrenza non trova eguali all’interno del mondo delle carte e dei casinò. La manifestazione pokeristica più seguito in assoluto non poteva che trovare il proprio habitat naturale a Las Vegas, la capitale mondiale dell’intrattenimento. Occorre però ricordare come da qualche anno a questa parte vengano organizzate delle vere e proprie espansioni in altre zone del mondo: nel 2007, infatti, hanno preso il via le World Series of Poker Europe, inizialmente ospitate a Londra, per poi cambiare sede nel corso delle varie edizioni. L’evento del 2022 tornerà a fare tappa per la quinta volta consecutiva al King’s Casino di Rozvadov, in Repubblica Ceca, dal 12 ottobre al 3 novembre. Nel 2013 hanno invece visto la luce le World Series of Poker Asia Pacific, disputate a Melbourne nelle prime e fin qui uniche due edizioni, mentre nel 2015 hanno fatto il proprio debutto le WSOP International Circuit Series (a distanza di 10 anni dal lancio del Circuito delle World Series of Poker): si tratta di una serie di tornei organizzati in vari casinò in giro per il mondo, con diverse tappe e tornei preliminari che culminano nel torneo dei campioni, ultimo appuntamento del Circuito nell’anno solare. 

L’evento che però più di ogni altro stuzzica i sogni e le aspirazioni dei poker pro rimane la rassegna di tornei organizzati a Las Vegas nell’arco di un mese e mezzo: è qui che gran parte delle leggende del gioco ha raggiunto l’apice e la consacrazione della propria carriera, aggiudicandosi almeno uno dei proverbiali braccialetti targati WSOP. La principale attrazione è certamente rappresentata dal torneo $10.000 No-Limit Hold’em, altrimenti noto come “Main Event”, il cui detentore viene ufficiosamente insignito del titolo di campione del mondo di poker. Sebbene il Texas Hold’em occupi indubbiamente un ruolo di spicco all’interno delle World Series of Poker, non mancano tornei legati ad altre varianti del gioco, quali l’Omaha Hi-Lo, il Seven Card Stud e l’H.O.R.S.E. (un particolare mixed game adatto ai giocatori più versatili, i quali si devono cimentare in incontri di Hold’em, Omaha, Razz, Seven Card Stud e 7 Card Stud Hi-Lo).

L’edizione del 2022, che si terrà dal 31 maggio al 20 luglio, presenterà un’importante novità rispetto al recente passato: dopo 17 anni di ospitalità ininterrotta al Rio All-Suite Hotel & Casino, infatti, le WSOP emigreranno per la prima volta alla Strip, dove saranno il Bally’s (destinato a diventare il nuovo Horseshoe) e il Paris Las Vegas Hotel & Casino ad avere l’onore e l’onere di accogliere il gotha del poker mondiale. Per certi versi sarà un ritorno alle origini per la manifestazione, la cui culla è stata per lungo tempo rappresentata dal vecchio e storico Binion’s Horseshoe, inaugurato nel 1951 e operante sotto questo nome fino al 2005.

Al di là della questione legata alle sedi, le World Series of Poker hanno dovuto affrontare vari importanti cambiamenti nel corso degli anni, e non sono certo mancati momenti di grande impatto che ne hanno forgiato la celebre storia. Ripercorriamo insieme le tappe di crescita ed evoluzione dell’evento più importante del panorama pokeristico.

Non tutti sanno che la genesi delle WSOP va individuata ben prima della nascita ufficiale della manifestazione, datata al 1970. Già nel 1949, infatti, si muovono i primi passi nella giusta direzione su impulso del grande giocatore d’azzardo Nicholas Dandolos, noto anche col soprannome di “Nick the Greek”. Questi chiede a Benny Binion (futuro proprietario del summenzionato Binion’s Horseshoe) di poter organizzare una maratona ad alti stake con il leggendario Johnny Moss, una delle massime figure di riferimento sulla scena del poker statunitense. Con grande intuito e spirito pioneristico, Binion acconsente alla richiesta, a condizione che la visione della sfida sia aperta al pubblico. Ne viene fuori uno dei testa a testa più avvincenti e suggestivi della storia del gioco, con i due che decidono di spaziare tra varie forme di poker e lottano senza esclusione di colpi per l’incredibile durata di cinque mesi, concedendosi ben poche pause oltre a quelle fisiologiche per recuperare il sonno tra una sessione e l’altra. Il grande duello vede la vittoria finale di Moss, che si aggiudica una somma compresa tra i 2 e i 4 milioni di dollari. Dopo aver perso l’ultimo, fatidico pot, Dandos si alza dalla sedia e rende onore al vincitore con un lieve inchino, proferendo le celebri parole: “Signor Moss, la devo lasciar andare”. Il povero Nick, distrutto dalla stanchezza ancor prima che dalla sanguinosa sconfitta, si dirige subito a letto prima di sprofondare in un lungo sonno amaro.

L’interminabile sfida tra i due protagonisti va ben al di là del semplice valore agonistico incarnato: Binion non può fare a meno di notare il grande afflusso di appassionati che decide di assistere dal vivo allo storico evento nel corso di quei mesi. All’epoca la popolarità del poker non è certamente paragonabile a quella dei giorni nostri e la significativa partecipazione del pubblico rappresenta qualcosa di inedito per quei tempi ormai lontani. Benny prende subito nota di quanto osservato, pur senza prendere altre iniziative concrete nel breve periodo.

Bisogna arrivare al 1970 affinché l’imprenditore statunitense compia il grande passo, destinato a rivoluzionare la storia dei tornei di poker. L’abbrivio per questa epocale decisione è probabilmente rappresentato dalla “Texas Gamblers Reunion”, un evento organizzato l’anno prima a Reno (altra località del Nevada) da Tom Moore e Vic Vickrey, che invitarono alcuni dei più grandi esponenti del gioco, tra cui si segnalano Doyle Brunson, il già citato Moss e Crandell Addington: quest’ultimo, oltre ad aggiudicarsi la manifestazione, sarà anche uno dei padri fondatori delle World Series of Poker. Per rendere un’immagine più precisa del contesto in cui nascono le WSOP, basti ricordare che in quegli anni, per quanto sia ora difficile da credere, non si arrivava nemmeno a 50 tavoli da poker in tutta la città di Las Vegas. Binion, ormai convinto degli step da seguire, organizza un nuovo incontro ad alti livelli nel proprio Horseshoe: è la prima edizione ufficiale del prestigiosissimo evento, ideato per assegnare l’ambito titolo di campione del mondo. Nel 1970 sono presenti solo una trentina di giocatori, tutti riuniti in un’angusta poker room improvvisata. Come spesso accade in questi casi, nessuno in quei giorni si rende conto di star vivendo e scrivendo un’importante pagina di storia. Si registra un interesse piuttosto scarso da parte del pubblico e della stampa: al di fuori di Las Vegas sono in pochi a seguire l’esito della manifestazione, a dispetto della dimensione “mondiale” rivendicata dagli organizzatori. Vengono disputati cinque tornei con altrettante diverse varianti di poker: 5 Card Stud, Deuce to Seven Lowball, Razz, Seven Card Stud e l’immancabile Texas Hold’em. Contrariamente a quanto avverrà in futuro, il vincitore della prima edizione non viene nominato in base al mero risultato delle partite, bensì secondo un criterio democratico, fondato sul voto dei giocatori partecipanti. Pur senza aggiudicarsi alcuno dei singoli tornei, è Johnny Moss ad avere la meglio, esattamente come nell’evento antesignano di 21 anni prima. A differenza di allora, tuttavia, il grande campione di poker deve questa volta accontentarsi di una semplice coppa d’argento, rimanendo a bocca asciutta dal punto di vista prettamente economico (soltanto l’anno dopo verranno introdotti i montepremi). 

Fiche

Binion coglie la necessità di apportare qualche cambiamento per accrescere la popolarità delle WSOP. Nel 1971 viene così organizzato un evento freezeout, che prevede l’eliminazione sistematica dei vari giocatori finché l’ultimo rimasto non conquista tutte le fiches residue. Si sfidano sette diversi partecipanti, ognuno dei quali è chiamato a versare 5.000$ per l’iscrizione. Il premio netto di 30.000$ finisce nelle mani di Moss, che conferma il titolo dell’anno precedente, raccogliendo questa volta i frutti della propria imbattibilità. La vera svolta dal punto di vista mediatico arriva però nel 1972, con la sorprendente vittoria di Thomas “Amarillo Slim” Preston, che a seguito del successo conquistato al tavolo verde decide di pubblicizzare al massimo il risultato conseguito, organizzando un tour promozionale e ampliando sensibilmente la base di fan negli Stati Uniti. Amarillo diventa il più grande ambasciatore vivente di poker, facendo la propria comparsa in vari film e dando alle stampe un libro di grande successo.

Nel 1973 le WSOP compiono un altro importante passo grazie al crescente seguito tra gli appassionati: per la prima volta l’evento viene trasmesso in televisione, tramite le riprese di CBS Sports. Da segnalare inoltre l’aggiunta di quattro eventi preliminari costituiti dal Seven Card Stud, il Razz, il Deuce-to-seven Draw e un No-Limit Hold’em dal buy-in più basso. La vittoria va a Puggy Pearson, mentre l’anno successivo Johnny Moss si aggiudica il terzo titolo personale. Resta inoltre memorabile la doppietta della leggenda del poker Doyle Brunson tra il 1976 e il 1977: i suoi successi vengono resi immortali dalle circostanze pressoché irripetibili. In entrambe le occasioni, infatti, Doyle ha la meglio nel testa a testa finale grazie alla realizzazione di un full a partire da una mano composta da 10-2 (che da quel momento in poi assumerà il soprannome di “Doyle Brunson hand”). 

Il 1978 è caratterizzato da un’ulteriore svolta nella storia delle World Series of Poker: contrariamente a quanto previsto nelle edizioni precedenti, il montepremi del Main Event viene ora suddiviso tra più giocatori (all’epoca si tratta dei primi cinque classificati). Si registra anche la prima storica partecipazione di una giocatrice: si tratta di Barbara Freer, che l’anno successivo porterà a casa un braccialetto WSOP (nel $400 Ladies - Limit 7 Card Stud). Il Main Event del 1979 viene ricordato inoltre per la clamorosa vittoria di Hal Fowler, il primo dilettante capace di incoronarsi campione del mondo, scioccando l’élite mondiale del poker. L’impresa di Fowler ispirerà molti altri amatori, persuasi a dirigersi in “pellegrinaggio” a Las Vegas per tentare di emulare le gesta del proprio idolo.

Se si pensa agli anni ’80 è impossibile non menzionare Stu Ungar, campione dell’evento principale nel 1980 e 1981 (prima di ottenere un terzo titolo nel 1997). Grazie alla sua personalità e aura accattivante, il fuoriclasse di New York contribuisce a una maggior popolarizzazione del poker: all’epoca si registrano milioni di telespettatori per le WSOP. Nel 1982 viene ampliato il ventaglio di tornei disputati, che arrivano ad essere 13 (di cui 11 preliminari) per un montepremi totale di 2,6 milioni di dollari.

Stu Ungar

Nella stessa decade si verifica anche il passaggio di consegne tra Benny Binion e il figlio Jack, che assume gran parte degli incarichi quotidiani legati alla gestione del casinò. Il direttore del torneo Eric Drache, ideatore della Poker Hall of Fame in collaborazione con lo stesso Jack, escogita una delle idee più riuscite nella storia delle World Series of Poker: a lui si deve infatti la nascita dei tornei satellite, decisiva per l’allargamento della base di partecipanti qualificati per il prestigioso evento. Per rendere le proporzioni della portata rivoluzionaria di tale progetto, basti ricordare che dal 1982 al 1987 il numero dei giocatori passa da 52 a 2.141! Alla fine degli anni ’80 l’Horseshoe Casino non è più in grado di ospitare la totalità degli aspiranti campioni, ragion per cui diventa necessario fare ricorso al supporto di strutture adiacenti come il Golden Nugget e il Four Queens. La famiglia Binion sceglie infine di rilevare il vicino Mint Casino, potendo così aprire una sala espressamente adibita agli incontri di poker. 

Il giorno di Natale del 1989 è segnato dal lutto della scomparsa di Benny Binion. Il triste evento, tuttavia, non ferma la crescita delle World Series of Poker. Nel 1990 si registra il primo titolo iridato di un giocatore straniero: a vincere è l’iraniano Mansour Matloubi, che conferma l’allargamento su scala mondiale dell’attrattiva esercitata dall’evento. Il 1995 rappresenta l’anno del primo storico successo per un italiano, con la vittoria di Valter Farina nel $1.500 Limit Seven Card Stud. Alcuni dei premi assegnati sul finire del millennio assumono per la prima volta proporzioni a sei zeri. Proprio quando l’evento sembra poter continuare a cavalcare l’onda del successo (con l’Horseshoe che torna ad avere problemi di capienza per i poker pro), iniziano ad addensarsi le prime vere nubi sul destino degli organizzatori. A causa di dispute interne alla famiglia Binion, che avranno come conseguenza l’estromissione di Jack dalle questioni relative alle WSOP, molti giocatori di grande rilievo boicottano la manifestazione tra il 1999 e il 2002. L’attenzione del pubblico comincia a rivolgersi sempre di più verso il circuito parallelo del World Poker Tour. A salvare le sorti delle World Series of Poker interviene la straordinaria cavalcata di Chris Moneymaker, che nel 2003, alla sua prima partecipazione a un torneo dal vivo, conquista il Main Event contro ogni pronostico. Questo risultato segna un importante spartiacque nella storia del poker: i giocatori professionisti diventano delle vere e proprie celebrità e in giro per il mondo si crea un movimento di nuovi appassionati, spinti dal sogno di bissare la favola di Moneymaker. Da quel momento, infatti, saranno in molti a iscriversi alle WSOP, pur senza avere particolari esperienze alle spalle. 

Nel 2004 la Harrah’s Entertainment acquisisce l’Horseshoe e i relativi diritti delle World Series of Poker. L’evento, come accennato in precedenza, si trasferisce così al Rio All-Suite Hotel & Casino. La nuova struttura garantisce spazi più ampi per l’organizzazione della manifestazione, che ne trae benefici in termini di partecipazione e di montepremi. Cresce di pari passo la varietà di tornei, che nel 2006 arriva a contare ben 45 diversi eventi per altrettanti braccialetti. Il Main Event di quell’edizione vede la vittoria di Jamie Gold (cognome piuttosto evocativo), che sbaragliando la concorrenza di 8.772 avversari porta a casa la straordinaria somma di 12 milioni di dollari: la più alta nella storia del torneo. 

Gli anni 2000 vedono anche una grande ascesa dei giocatori italiani: vale la pena di menzionare i quattro braccialetti conquistati da Max Pescatori, così come i successi di Dario Alioto, Rocco Palumbo e Davide Suriano (rispettivamente nel Pot Limit Omaha, nel $1.000 No Limit Hold’em e nel $10.000 Heads Up No Limit Hold’em), oltre all’eccezionale secondo posto raggiunto da Dario Sammartino nel Main Event del 2019 (il miglior risultato di sempre per un italiano nel torneo principale).

Sebbene si sia in buona parte esaurito l’effetto travolgente dovuto alla febbre del poker a inizio ventunesimo secolo, è fuor di dubbio che le WSOP godano ancora di grande popolarità. Solo il tempo ce ne rivelerà le sorti nell’immediato futuro: non possiamo che guardare con grande curiosità alla prima edizione organizzata nel cuore della Strip. Chi sarà il nuovo campione del mondo?