Alcuni ritengono che la sua genesi vada rintracciata in un antico gioco di carte persiano dal nome esotico di as nas, che potrebbe essere stato trasmesso ai coloni francesi a New Orleans tramite dei marinai provenienti dalla Persia; secondo un’ipotesi alternativa, la sua diffusione fu favorita da militari francesi che erano stati operativi in Persia prima di trasferirsi negli Stati Uniti.

Al di là dell’eterogeneità delle teorie concernenti le origini del poker (di cui anche l’etimologia è controversa: c’è chi sostiene che la parola derivi dall’inglese to poke, che significa ‘spingere’), è pacifico che la sua versione odierna sia nata proprio negli Stati Uniti all’inizio del XIX secolo. Il paese americano era ancora uno stato giovane, avendo ottenuto l’indipendenza dalla corona britannica soltanto qualche decennio addietro: in questa fase il territorio era ancora dilaniato dalle lotte tra i coloni e la popolazione indigena, relegata via via sempre più a ovest, in uno scenario noto a molti per via della narrativa sviluppatasi attorno a questi eventi storici. Proprio nel Far West iniziò ad affacciarsi timidamente il nuovo gioco rivoluzionario, che in un primo momento attecchì tra i battelli a vapore che risalivano la corrente del Mississippi, i quali di fatto fungevano da casinò galleggianti. Tra le prime testimonianze scritte sul fenomeno incipiente troviamo quella di Joe Cowell, attore inglese emigrato oltreoceano, che riporta come il poker fosse praticato a New Orleans già nel 1829. Tuttavia pare che la prima casa da gioco fosse stata inaugurata nel 1822 da un tale John Davis: all’interno della struttura era possibile mangiare, bere e prendere parte ad alcuni giochi, tra cui per l’appunto il poker. Le regole, come si può supporre, non erano le stesse di oggi: era infatti previsto un numero massimo di quattro partecipanti e l’utilizzo di un mazzo da 20 carte (a tal proposito vale la pena ricordare come le regole dell’as nas fossero simili a quelle del five card stud).

Proprio dalla città della Louisiana il poker si espanse in maniera sempre più capillare nel resto del paese, “viaggiando” per mezzo delle carovane di pionieri o lungo i fiumi dell’Ohio a bordo dei battelli (in seguito, con lo sviluppo delle tecnologie e delle vie di comunicazione, si rivelerà importante anche la diffusione ferroviaria). È così che tra le località che accolsero l’ascesa del nuovo gioco figurarono cittadine di frontiera come Tombstone, Dodgecity, Deadwood e Virginia City: i saloon locali offrivano una possibilità quotidiana di svago tra una partita e l’altra e il poker assurse presto a un ruolo di primo piano tra i giochi d’azzardo. In questo periodo si venne anche a creare la figura del gambler, ovvero quella del giocatore professionista. Non solo: similmente a quanto si vede oggi con gli “squali” (nome preso in prestito dal regno animale per designare i giocatori dalla grande esperienza e dalle ottime qualità in grado di ripulire i meno avvezzi al poker, indicati come “pesci piccoli”), già allora nacquero i cosiddetti “sharp” (parola che tra l’altro presenta una notevole assonanza con l’anglicismo “shark”). Questo genere di giocatori, tuttavia, non era insolito superare il limite della legalità pur di raggiungere il proprio scopo: molti di loro si riunivano vicino alla costa in una zona denominata “la palude”, il cui ambiente particolarmente ostile dissuadeva perfino le forze dell’ordine dal compito di far rispettare la legge. I temerari (o incoscienti) che in barba al pericolo si recavano comunque in tali posti, compiendo magari l’impresa di uscirne più ricchi di prima, difficilmente riuscivano a tenere il malloppo al riparo dalle grinfie dei malviventi che si aggiravano intorno alle sale da gioco. Vale anche la pena di notare che sebbene New Orleans fosse la vera capitale del gioco d’azzardo americano dell’epoca, la pratica del gambling era formalmente vietata in tutto il resto della Louisiana: la città dove era nato il poker moderno beneficiò di questa situazione per un ulteriore secolo, registrando un boom economico nell’industria del gioco. Tra l’altro arrivò un momento in cui venne emanata una legge che teoricamente proibiva la diffusione delle case da gioco anche a New Orleans, ma tale disposizione normativa non venne mai di fatto applicata da quelle parti (del resto “pecunia non olet”, affermavano i latini).

Si è già fatto cenno ai gruppi di malintenzionati che, in caso di sconfitta, si riprendevano con le buone o (più spesso) con le cattive il denaro perso agli incontri di poker. Al di là dei metodi fondati sulla violenza, vecchi come la storia del mondo, iniziarono a propagarsi degli stratagemmi più specifici, ma non per questo legittimi: molte aziende si dedicarono infatti alla produzione di dispositivi designati appositamente per abbindolare i poveri avversari ignari. 

Ad ogni modo, come si può facilmente immaginare, furono proprio i giocatori professionisti a contribuire al primo boom della storia del poker. Con uno spirito imprenditoriale, cavalcarono l’onda del momento, che vedeva un sempre maggiore interesse generale per il gioco d’azzardo. Sebbene questi scommettitori avessero un’alta considerazione di sé stessi, venivano spesso guardati con disprezzo dalla gente, che li considerava come buoni a nulla, vista anche la loro spiccata propensione a imbrogliare. È interessante sottolineare altre caratteristiche tipiche dei giocatori di poker nel Far West: essi dovevano far leva su una personalità affascinante per spingere qualche sprovveduto a giocare (e a farsi spennare) dai professionisti, i quali si distinguevano dalla massa anche per mezzo della scelta di un abbigliamento in stile dandy. Al loro successo contribuivano inoltre le abilità nel poker (ça va sans dire) e quelle con le armi da sparo. Vista la scarsa reputazione di cui “godevano” presso la popolazione, dagli anni ’30 del XIX secolo iniziarono ad essere innalzati a capri espiatori per ogni crimine commesso in città, il che gettò ulteriore discredito sulla pratica del gioco d’azzardo; si pensi solo che a Vicksburg (Mississippi), nel 1835, cinque sharper vennero linciati da un gruppo di loro concittadini. Per non correre gli stessi pericoli, molti scommettitori decisero da quel momento di esercitare le loro attività alla larga dai centri abitati, rifugiandosi nelle barche (che abbiamo già visto esercitare un ruolo preponderante nella diffusione del poker), le quali consentivano loro una più agevole via di fuga nel caso in cui le cose si fossero messe male per la loro incolumità.

Armi nel Far West

Durante la corsa all’oro del 1849 si diffusero varie case da gioco in tutta la zona nord della California. Queste strutture mettevano a disposizione dei tavoli da poker, accompagnati dalla presenza di musicisti e di donne di bella presenza che intrattenessero gli avventori del locale. Tuttavia l’attività principale di questi saloon era costituita dalle sale da ballo (che fecero la loro comparsa proprio in quest’epoca), per le quali era previsto un ingresso al prezzo di 1$. Durante questa fase di espansione in California, San Francisco divenne la nuova capitale americana del gioco d’azzardo, spodestando così il primato di New Orleans.

Anche le minoranze composte da uomini di colore, ispanici, cinesi e donne vennero via via coinvolti nella nuova moda del momento. A proposito delle donne, è possibile menzionare il nome di alcune delle giocatrici più famose dell’epoca, tra le quali si annoverano Madame Mustache, Calamity Jane e Poker Alice. 

La storia americana dell’Ottocento venne sconvolta, pochi anni dopo, dalla guerra di secessione americana (1861-1865), che vide contrapposti gli stati del Nord a quelli del Sud: questi ultimi erano favorevoli alla creazione di un nuovo ente politico autonomo che continuasse a riconoscere legalmente la schiavitù. Durante il conflitto, per quanto riguarda l’aspetto pokeristico, nacquero alcune tra le prime varianti del gioco, come il draw, lo stud e il community card poker. Al termine della guerra civile, conclusasi con la vittoria del fronte settentrionale, lo stato americano allargò i propri confini verso occidente, la cui nuova frontiera era caratterizzata dalla presenza di minatori, viaggiatori e speculatori, particolarmente proni a un atteggiamento rischioso nella vita di tutti i giorni, il che portò il gioco d’azzardo ad essere uno dei passatempi preferiti dei pionieri che popolavano quelle zone. Cowboy, lavoratori ferroviari, soldati, fuorilegge e sceriffi: categorie di persone apparentemente molto diverse tra loro, accomunate però dalla passione per il poker, praticabile in quasi ogni miniera e località selvaggia.

Come già accennato in precedenza, è possibile affermare senza tema di smentita che un fattore rilevante nelle partite di poker nel Far West era costituito dalle armi (sia bianche sia da sparo). Sono state tramandate diverse storie macabre di incontri terminati in modo drammatico; le ragioni potevano essere diverse, come la rabbia per un’importante mano persa o il tentativo di dissuadere l’avversario dall’imbrogliare. Questo è il motivo per cui molti giocatori videro la necessità di sviluppare di pari passo le proprie abilità al gioco e quelle con revolver e coltelli.

Durante la parte finale del XIX secolo il gioco d’azzardo continuò a diffondersi a macchia d’olio tra le varie miniere: a questa crescita contribuì in modo significativo l’arrivo di nuovi abitanti, attirati dal prospetto dell’estrazione di metalli preziosi quali oro e argento. Le entità amministrative iniziarono ad affrontare l’espansione del poker con modalità differenti: diversi stati e città predilessero un approccio pragmatico introducendo una tassa per le case da gioco e arricchendo così le casse pubbliche; da altre parti invece, soprattutto nella frontiera occidentale, ci fu un atteggiamento più restrittivo da parte delle autorità locali, che promulgarono delle leggi contro il gioco d’azzardo. A onor del vero, in una prima fase vennero presi di mira i giocatori professionisti piuttosto che il gioco in sé e per sé. Le prime norme volte a combattere il fenomeno risultarono piuttosto tenui e poco efficaci: le strutture iniziarono infatti a introdurre nuove varianti di gioco, riuscendo a eludere i divieti e cavandosela, nella peggiore delle ipotesi, con delle pene molto leggere.

Tuttavia, le sanzioni vennero via via inasprite e il Nevada (ironicamente, se si pensa oggi a Las Vegas) fu uno dei primi stati occidentali a proibire il gioco d’azzardo in toto nel 1909, ispirando altri stati federati a seguire la stessa strada negli anni a seguire. Ad ogni modo, la variante di poker più diffusa all’inizio del Novecento era il 7 card stud (che però a partire dalla seconda metà del secolo perse questo ruolo egemone in favore del Texas Hold’em e di altri giochi con carte comunitarie).

7 Card Stud

Chiudiamo con una curiosità risalente alla pratica del poker nel Far West (periodo che, lo ricordiamo, a seconda delle varie interpretazioni si chiuse in un lasso di tempo compreso tra il 1890 e il 1920): molti di voi avranno certamente familiarità con la cosiddetta “mano del morto”, composta da una doppia coppia “nera” con due assi e due 8 di picche e di fiori; molti di meno sono probabilmente quelli che conoscono le origini di questo nome poco rassicurante. L’espressione nacque dalla vicenda del grande pistolero James Butler Hickok, noto anche col soprannome di “Wild Bill”, ucciso il 2 agosto 1876 durante una partita di poker nel saloon Nuttal & Mann’s di Deadwood (nell’odierno Dakota del Sud). La leggenda vuole che al momento di essere ucciso a colpi di revolver, egli avesse il tipo di mano appena descritto (ci sono però delle dispute sul seme di uno degli assi e sull’identità della quinta carta, che era coperta). Si chiuse così in modo drammatico la carriera di uno dei più grandi giocatori del XX secolo, che nel 1979 è stato anche inserito nella Hall of Fame del poker: tra i membri che ad oggi ne fanno parte, soltanto Tom Abdo e Jack Straus condividono con “Wild Bill” la morte sopraggiunta al tavolo da gioco, seppur nel loro caso per ragioni di natura non violenta. 

Fortunatamente è cambiato molto a livello storico e sociale dalle prime fasi del gioco che tutti amiamo: l’unico grande rischio da cui si devono tutelare i poker pro contemporanei è di tipo prettamente economico, nei casi in cui il proprio stack a fine serata risulti particolarmente eroso rispetto alle speranze e aspettative con cui si erano seduti al tavolo di feltro.